Uhm..........
Prendendomi un lungo fiato dall'ultimo articolo pubblicato in questo squattrinato blog.
Un blog per poveri ma belli, come mise in scena il mirabile Dino Risi.
Un blog per poveri di spirito come testimoniava qualcun altro a cui non ho mai celato o temuto la mia affezione e solo per "privacy" non ne cito contestualmente il nome.
Quella privacy (tanto in voga sulla carta dell'odierna società quanto bistrattata nella pratica della medesima in evoluzione) che mi stringe al petto come una morsa al cuore, che toglie il fiato necessario anche solo per respirare, in una sala delle torture agghindata per l'occasione, affinché io non possa essere in grado di diffonderne anche solo la "Passione"...
Non sia mai poi il garante, richiamato dal pubblicano, non lo denunci di nuovo a corte per render conto persino della propria morte!
D'altronde la resurrezione non è certa in un mondo di negazione ove la convinzione massima è l'assoluta rassegnazione.
Ai trenta denari, col cambio e la valuta congrua, sostituiremmo i 60 euro poiché almeno il doppio è certo nell'analisi e nella valutazione. Il doppio è dovuto per ripianare la "devozione" ad un dio minore ma che ha il potere materiale. Quel potere d'imporre anche la più infima ed infida illusione, quella della libertà e della pace che quasi mai per l'uomo è un' "occasione.
Questo è l'accordo, questo è il dovuto, in base al contratto o trattato di mutuo... di mutuo scambio e soccorso, di vacuo vantaggio eppur certo rimorso.
Lo chiede la civiltà e lo esige l'imperio.
L'imperio di chi sul "terrore" e la "perdita" ha edificato retorica e conseguente dominio.
La mistificazione è d'obbligo e così i termini perdono di significato o meglio ancora ne assumono uno nuovo rispetto a quello intrinseco, desunto, desumibile e "concordato"... che poi tanto concordato difficilmente potrebbe ad ogni modo essere... alla luce del fatto che un termine ha un suo implicito ed esplicito significato così come inevitabilmente detiene il diritto alla propria affermazione di principio.
Ma il principio si sa' oggi è fatto unicamente per esser calpestato ed i tranquilli passi con le suole in cuoio sulle solide e parallele assi, son fatti solo per schiacciare e non per leggiadramente passeggiare.
Il passeggio si conviene sia attività serena di chi si avventura curioso nella natura, nulla a che spartire con il calpestio pretestuoso e presuntuoso di chi si inoltra pavido quanto arrogante nella giungla oscura.
Mi spiace se sin qui vi avrò annoiato con i miei giri di parole ma le stesse mi son servite per tratteggiare in breve un richiamo a cui riservare il giusto clamore.
Il richiamo verso un tema di fondo tanto basilare quanto discusso nella crisi soprattutto d'identità che oggi siamo chiamati inesorabilmente e senza scudi di protezione ad interpretare.
Il tema dell'economia e delle sue radici, delle sue sfaccettature teoriche e pratiche, politiche e sociali... dai molti considerate inconsapevolmente o colpevolmente e purtroppo di contorno, pur svolgendo un ruolo chiave nei meccanismi di confronto: tra uomo e uomo, tra individuo e comunità, tra comunità e civiltà!
Riporto, quindi, di seguito (... e nella speranza non me ne vogliano gli autori originali cui va tutto il mio plauso) un estratto o più precisamente una breve prefazione ad una pubblicazione libraria di cui sento la necessità di dover e poter condividere i contenuti al fine di diffonderne le linee guida per una più ampia e profonda riflessione: su ciò che si afferma con le parole e ciò che diversamente si pratica con il beneplacito della vacua massa intrisa spesso (tristemente)... e unicamente di "torpore"!
Un saluto,
Elmoamf
La discussione pubblica persevera nella deplorevole abitudine a usurare i vocaboli, a svuotare di significato concetti portanti che, in origine ben definiti, finiscono per non indicare più nulla perché annegati nel calderone della retorica inconcludente. Dopo “bene comune”, “riforme”, “responsabilità” e tante altre, la prossima vittima potrebbe essere “economia sociale di mercato”. Durante l’ultima campagna elettorale, i riferimenti a questo concetto nato in Germania sono stati frequenti, specialmente negli interventi di Mario Monti che, infatti, nel libro scritto a quattro mani con Sylvie Goulard, la presenta come una «promessa di prosperità» (M. Monti, S. Goulard, La democrazia in Europa. Guardare lontano, Rizzoli 2012, p. 93). Ma non è difficile rintracciare un tale convincimento anche nelle intenzioni di diversi decisori pubblici negli anni immediatamente alle nostre spalle.
Ad essere sinceri, però, non sono stati approvati atti legislativi ispirati a un simile approccio. Inoltre, la prospettiva di “un’economia sociale di mercato fortemente competitiva” è ben delineata nell’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea che così definisce l’impegno, almeno teorico, affinché tutti i governi europei la adottino come prospettiva di fondo. Ma, paradossalmente, proprio per una così chiara impostazione europea (condivisa a fondo nel nostro Paese?) il rischio di far scivolare questa idea-concetto fra le parole retoriche è ancora maggiore.
Per evitare tale sorte, Francesco Forte, Flavio Felice e Clemente Forte hanno dato alle stampe una corposa antologia che chiarisce i confini, le radici e le finalità dell’economia sociale di mercato. Infatti, parafrasando il titolo del famoso testo di Karl Popper, L’Economia sociale di mercato e i suoi nemici (a cura di F. Forte, F. Felice, C. Forte, Rubbettino 2012, pp. 468) raccoglie ben tredici interventi, distinti in due sezioni, entrambe accompagnate da accurate introduzioni e da un’unica postfazione finale.
I saggi rappresentano i pilastri cardine della ricerca teorica sul tema, finalmente fruibili in versione italiana. In particolare, gli interventi di Alfred Müller-Armack (1901-1978), considerato il padre teorico dell’Economia sociale di mercato (formula messa in pratica, se così si può dire, in particolare da Ludwig Erhard, Ministro dell’Economia della Repubblica federale tedesca dal 1949 al 1963 e cancelliere dal 1963 al 1969, negli anni del cosiddetto «miracolo tedesco»), descrivono bene cosa intendere per economia sociale di mercato, le implicazioni che comporta per l’ordinamento istituzionale, le sue priorità per favorire uno sviluppo armonioso. Ma, soprattutto, indicano i “nemici” dai quali stare alla larga perché pronti a minare questo particolare “stile economico” che sicuramente dovrà adattarsi ai mutamenti delle condizioni sociali, ma che non deve abbandonare il suo principio fondamentale, “la coesistenza del principio di concorrenza con le necessarie compensazioni sociali”.
Attingere da questa antologia, è utile sia per chi voglia cimentarsi con una riflessione teorica, sia per chi senta il desiderio di impegnarsi nella produzione di politiche indirizzate a risolvere la contingenza (e, casomai, disegnare strategie future). Come ricorda Reiner Klump nell’aprire il suo saggio contenuto nell’antologia, l’economia sociale di mercato indica oggi molte cose: un concetto di politica economica, un’idea di ordinamento, uno stile di pensiero, un modello di politica economica e sociale, persino uno slogan politico. E di fronte alla molteplicità di significati, Klump sottolinea che «occorre tentare una determinazione più precisa dell’economia sociale di mercato a partire dai suoi fondamenti spirituali e dalle sue radici storiche». È proprio ciò che si prefigge L’Economia sociale di mercato e i suoi nemici, un obiettivo necessario per evitare che un “programma” così indispensabile per il nostro quotidiano venga ricordato solo come un capitolo di un dibattito infruttuoso.
Autore: Antonio Campati
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