lunedì 2 settembre 2013

Gatti, Emozioni e Investimenti: L'economia della privazione dei sentimenti.

Non lo nascondo!
Sono un appassionato di gatti anzi più correttamente un estimatore.
Perché?
Perché riscontro in loro una certa dose d'intimità, indipendenza, indolenza, indeterminazione, indomabilità selvatica... forza alla quale saggiamente non opporsi non per razionale conclusione ma per naturale affermazione della propria personalità armonica. Armonica con il proprio ambiente circostante.
Una personalità che, se non addomesticata, esprime il meglio di se propriamente nell'antitesi dell'essere o meglio nell'antitesi dell'essere rispetto all'avere o apparire.
I gatti sornioni, schivi, austeri, dolci, ruffiani, soffici, giocherelloni, intimi, ritrosi, solleciti (ai bisogni), attenti (alle sollecitazioni), accorti, indipendenti, liberi...
Sono gatti che si ambientano, si rapportano, si confrontano con le esigenze circostanti alle quali decidono o meno di adeguarsi in base al loro innato diritto ossia istinto di esistenza.
Potrei continuare ma le connotazioni che gli attribuisco in modo del tutto personale rispecchiano per me un sentore profondamente intimo e tradizionale.
Il gatto è felino, predatore ma al tempo stesso mammifero che accudisce la propria prole sino al momento dell'autonomia e dell'autosufficienza.
Ritorno in quest'anamnesi verso temi a me cari: Libertà, Indipendenza, Emancipazione.
Temi che si sposano o dovrebbero semmai farlo con altrettante concezioni personali della realtà: Comunità, Condivisione, Collaborazione...Compenetrazione!
Poiché il gatto, suo malgrado, crea una comunità nella propria indipendenza ove l'indipendenza coincide per "lui" con la sopravvivenza del proprio spazio vitale (Il Territorio marcato) e pertanto della propria concezione d'essere /femmina o maschio che sia/ un "decisore" o in altri termini... un predatore e non una preda degli eventi, un estensore e non un semplice amanuense di fatti detti, riportati e circoscritti, un precursore ed anticipatore e non una vittima degli accadimenti, al fine e per me... un cultore della Compenetrazione rispetto alla propria esistenza e non certo un passivo esecutore o depositario di "misfatti" altrui!
Un'interpretazione dello spazio vitale che purtroppo si scontra (richiamandolo) con un ricordo direttamente o indirettamente o indebitamente imposto e conseguenzialmente appresso... di altre nefaste concezioni storico-politiche di espansione, che certo in quegli istintivi ed automatici ricorsi mnemonici si limitano (quando possono, resistono, reagiscono o ricerchino) agli ultimi due secoli cauterizzandosi e coagulandosi attorno a determinate terminologie ideologiche e faziose ma che certamente ad esse od essi non si limitano potendo e volendo spaziare su di una varietà inarmonica (?!) di cicli, speranze o pressioni e oppressioni !?.
Lo spazio vitale è vita per il singolo alla "ricerca" dell'equilibrio con la sua comunità o limitazione instabile e precaria, continuamente critica della comunità stessa in esaltazione del singolo o del singolo in esaltazione di una fantomatica quanto fragile comunità effimera o ipocritamente imposta?
Sono queste domande ancestrali che richiedono riflessioni altrettanto archetipe!

Perché mi sono spinto a prender come riferimento il gatto?
Semplicemente perché mi affeziono ai concetti come il diavolo all'acquasanta.
Ossia certi elementi mi tornano alla mente, pur non volendo, in un vortice ossessivo.

Ora!
Un gatto (come peraltro probabilmente qualsiasi altro animale!?!) non assume necessariamente o indiscutibilmente o propriamente scelte razionali, logiche o programmatiche ma altrettanto non vi è nessuna illogicità, irrazionalità o improvvisazione nelle sue determinazioni.

Questo perché le sue azioni e decisioni dipendono dalla difesa del proprio territorio verso la quale, prima ancora della propria sopravvivenza, egli dedica la maggiore attenzione.

Perché è nella difesa e padronanza e comprensione del proprio territorio che giace, al fine, il vero cardine dell'autosufficienza, autodeterminazione, autoaffermazione ed essenza non nella mera sopravvivenza in cui nulla è effettivamente essenziale se non quell'attimo che spesso può risultare avverso!
Quell'attimo in cui tutto può irreversibilmente crollare e.o crollarti addosso.

Ecco!
Il gatto (come per altro molti altri animali) evita accuratamente di farsi crollare il mondo addosso. Piuttosto si sposta verso "lidi" migliori, da buon saggio, prudente e circospetto osservatore.

Perché, quindi, il titolo: Economia della privazione dei sentimenti?

Perché qualcuno o qualcosa ha attirato la mia attenzione su elementi che razionalmente e culturalmente riterrei abominevoli ma che fanno della razionalità e della capacità di conoscenza (volgarmente scambiata per cultura) il loro efficiente cardine decisionale:

Lessons From The Brain-Damaged Investor!

Non v'è necessità di sentimenti in una o più determinate scelte asetticamente razionali ma solo congruenza di risultati rispetto ad aspettative programmate.

Neanche il gatto ragiona in questo modo perché la sua natura lo lega al territorio ed il territorio non è astratto come un computer dove la realtà e le dinamiche sono puramente aleatorie.
Diversamente il territorio impone ed espone ad un confronto concreto con l'avversario.

L'assenza di emozioni in una decisione se per certi versi può risultare proficua ed efficiente per altri, e forse molto più sostanziali, può rivelarsi aberrante.

Incastonate a queste elucubrazioni di passaggio farò un' accenno ad un altro argomento indubbiamente (stavolta si) correlato con il primo ovvero con lo stesso titolo: Le Autorità Amministrative Indipendenti!

Ne ho fatto cenno in una precedente pubblicazione ma mi appresto a sferrare un nuovo colpo.
Un attacco di quelli che, come i poster di un tempo, si affiggono su di un muro che troppo spesso rimane confinato nel proprio angolo di paradiso senza mai spiccare il sospirato volo.

La speranza di una reminiscenza e di un risveglio della coscienza è sempre l'ultima a morire ma non bisogna farci eccessivamente conto piuttosto sarà più saggio fare eventualmente come il gatto e prepararsi ad un eventuale "migrazione".

Che sia auspicabile o doloroso, augurabile o malaugurato, desiderabile o rovinoso non sta a me certo giudicare.

La morale non è tanto di questo mondo umano e sociale tanto quanto non lo è l'agire razionale.

Un saluto,
Elmoamf


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