martedì 8 marzo 2022

Assuefatti al conformismo, ‘fino alla fine del mondo’

Ripubblicando... esternazioni di un tempo passato...
Era il 2017
Drammaticamente già trapassato remoto...

https://www.wallstreetcina.com/op-ed/assuefatti-al-conformismo-fino-alla-fine-del-mondo/

 
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Premessa: se avrete la bontà e la pazienza di arrivare sino in fondo allora non potrò che riconoscere la vostra audacia così come il vostro spirito di sopportazione. Riconosco che l’intervento sia lungo e noioso e spero non me ne vorrà nessuno per averlo ammorbato in questo soleggiato pomeriggio di fine aprile!!!

Entrando nel merito, essendo stato chiesto un mio punto di vista su alcuni dei commenti postati rispetto alla presente escatologia economico-finanziaria… e dopo tribolate riflessioni… ho partorito quanto segue.

Risale a poco più di un quarto di secolo fa un’opera cinematografica controversa di un regista continentale altrettanto ermetico e visionario quale Wim Wenders. Un’opera incentrata sul tema del viaggio. Certamente non il classico road trip in tipico stile nord-americano ma incardinato nel solco profondo della filosofia intimista ed imaginifica del pensiero europeo (l’oscurità individualista del calvinismo, il determinismo positivista dell’illuminismo, l’epistemologia ellenica).

Un viaggio fra le onde del pensiero moderno, intriso di tecnologia e apocalissi della materia, di sogni e speranze da tradurre in formato digitale, vissuti personali di protagonisti in fondo soli più che solitari, che rincorrono se stessi, la loro sbiadita immagine etera ed inconscia, peregrinando nel tempo e nello spazio della memoria, nel mistico o ingenuo e probabilmente illusorio tentativo di sciogliere nella compenetrazione universale della “scienza” tutti i nodi cruciali dell’esistenza, della loro esistenza. Tralasciando ogni ordine e grado superiore di comprensione della realtà. Quell’ordine trascendente che ognuno di noi difficilmente “afferra”.

Il film era intitolato come un’omonima canzone degli U2 il cui testo, singolarmente enigmatico, è per altri versi emblematico di quel conflitto esistenziale sommariamente sopra descritto e che dilania incessantemente i nostri animi.

Un testo che, al pari del film, racchiude in se quel coacervo di emozioni contrastanti che confondono le nostre ferree logiche razionali. Ragione e Istinto, nemesi delle vicende umane, in tutta la loro dirompente forza creatrice e distruttrice e nuovamente creatrice in un ciclo senza fine di corsi e ricorsi storici, di un karma inquieto, prigioniero eterno ed infinito del proprio “materialismo”.

“E’ proprio da un po’ che non ti vedo

Ero in prigione, facendo solo passare il tempo

L’ultima volta che ci incontrammo fu in una stanza male illuminata

Eravamo insieme vicini come moglie e marito

Mangiammo il cibo, bevemmo il vino

Tutti si stavano divertendo

Eccetto tu

Tu stavi parlando della fine del mondo

Ho preso i soldi, ho drogato il tuo drink

Di questi giorni perdi troppo se ti fermi a pensare

Mi hai preso in giro con quegli occhi innocenti

E lo sai che mi piace l’effetto sorpresa

Nel giardino stavo facendo la puttana

Ti ho baciato le labbra ed infranto il cuore

Tu, tu ti comportasti come se fosse la fine del mondo

Nel mio sogno stavo annegando i miei dispiaceri

Ma i miei dispiaceri, impararono a nuotare

Circondandomi, affogandomi

Traboccando dal bordo

In onde di rimpianto, onde di gioia

Mi distesi per raggiungere colui che tentai di distruggere

Tu, tu dicesti che avrei aspettato fino alla fine del mondo”

La fine del mondo di cui si parla in entrambe le narrazioni non dovrebbe essere però interpretata alla luce del concetto utilitarista e pragmatico dell’ “investitore” contemporaneo, tanto meno trattata con l’ottica fuorviante di un idealismo corrotto e devastato dalla Civiltà Moderna… Piuttosto dovrebbe costringerci ad una riflessione aspramente critica, aperta ed introspettiva, su quale Idea della “Verità” e quindi della Realtà effettivamente abbiamo in mente. Perché questo ritengo sia il nocciolo della questione, al di là degli innumerevoli dati che tale e tali Verità e Realtà sono capaci di trasmettere o comunicare o mettere a disposizione.

E’ questo che si è perso al giorno d’oggi!

La capacità di leggere ed interpretare la società sulla base di ciò che in essa ed intorno ad essa e rispetto ad essa vogliamo costruire.

Il senso arcano della vita forse è nel motivo stesso per cui il nostro istinto ci spinge a sopravvivere. Un istinto che ci spinge altresì a socializzare e quindi a pensare il nostro mondo in comune, in comunione, in condivisione con l’ “Altro”.

Il senso di appartenenza, di partecipazione, di responsabilità verso l’altro, che si esprime spontaneo ed incondizionato in primis in ambito familiare… è quello stesso senso che suscita paura, timore e perdita quando quel mondo attorno al quale la nostra vita gira (quella famiglia che si è costruita con tanta passione, amore, sforzo fisico ed intellettuale) viene aggredito e messo in pericolo da una minaccia esterna.

La separazione, l’opposto della condivisione, l’altra faccia della medaglia, il rovescio, il lato oscuro.

Il pragmatismo utilitarista è il lato oscuro di un mondo non più idealizzato. Separato dalla filosofia. Antropologicamente e socialmente orfano. Succube di una Verità e di una Realtà del tutto artificiale. Privo di quel sentimento “Rinascimentale”, di quell’ordinamento “Civico”, di quello spirito “Trascendentale” che hanno fatto grandi, in un passato ormai remoto, le Civiltà Umane che ci hanno preceduto.

Quella odierna è la summa di numeri senza un significativo scopo.

Separati tanto dalla concretezza, dalla consistenza e dalla corporeità dell’esistenza umana quanto dalla sua eterea, simbolica e metafisica trasposizione spirituale.

Numeri fine a se stessi.

L’avidità, il potere, il dominio sui popoli e sulle genti. L’individualismo, il cinismo, l’indifferenza sono i crismi dell’attuale sviluppo degli eventi.

La barbarie moderna non ha o comunque non suscita o non è il frutto quantomeno di un carattere pessimista o ottimista. E’ semplicemente barbarie.

E’ di questo che, a mio avviso, non si vuole prender atto.

E’ un deficit culturale di massa, globalizzato.

Assuefatti al conformismo, incapaci di evadere dagli schemi in cui il nostro intelletto umano si è ingabbiato da decenni. Incapaci e sterili nel produrre nuovi entusiasmi, nuova coesione, nuovi progetti e nuovi uomini in grado di avere un Visione del mondo per cui valga la pena lottare.

Perché se certamente non sono le ragioni a mancare per chi, volente o nolente, lotta per la Vita… indubbiamente sono le Idee “coerenti” al proprio piano esistenziale a scarseggiare.

Un tempo i numeri erano dei simboli e servivano per celare o spiegare gli archetipi oggi sono dei volgari elementi con cui quantificare uno spurio e rozzo consumo dell’Esistenza.

Dal mio modesto punto di vista è da questa presa di coscienza che ritengo sia necessario partire e mettersi in marcia verso un destino migliore!

Saluti.


(Elmoamf)

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