sabato 24 agosto 2013

Non saremo mai più di uno!

Parlo sicuramente per partito preso e sfrutto pertanto un mio elaborato personale e precedente (a non so quando implicitamente). Scritto che non so sinceramente se e semmai ho utilizzato... o per altri scopi esposto quanto per altri "aspetti" enfatizzato.
Il mio fine oramai non è più solamente divulgativo ma inesplicabilmente espositivo di un itinere che (ahimè) altrettanto sinceramente è raramente compreso!
L'incamminarsi verso un nulla consolidato ossia ciò che viene ad ogni modo esposto come assoluto.
L'assoluto è nel concetto di chi non riesce a comprendere null'altro che se stesso nel divenire ma appena in quel se stesso appare un'ombra, l'infinito scricchiola... là... dove l'ombra traccia una strada alternativa se non opposta, a quel divenire il quale (a torto o ragione) appare appunto come il diversamente giusto o contrapposto o antagonista ad un univoco intendere!
L'ombra dell'inaspettato, non concordato, non congruo, non opportuno, non consolidato, non allineato, non genuflesso, non architettonico, non speculare, non ecumenico...
In realtà l'alternativa o l'opposizione null'altro è che il confronto della realtà con la propria necessità di essere... o meglio con la fantasia, il sogno di essa di essere una realtà alternativa a cui non soggiogare la propria esistenza ma diversamente dettare le proprie necessità!
La realtà a cui ci riconduciamo forse è una realtà puramente formale mentre nella sostanza o nella materia o meglio ancora nella fluttuazione della stessa... la realtà non esiste quanto quelle sfumature che si appropriano di un divenire evanescente.
La realtà non è nel se e non è nel ma o nel forse... magari la realtà è nel ? che nulla ha a che fare col possedere e quindi implicitamente nulla ha a che fare con il comprimere la propria medesima esistenza...
La realtà magari è nell'interpretare...se stessi coerentemente rispetto alla propria esistenza... esistenza di cui ognuno di noi è forse ed evidentemente l'unico ed univoco depositario!
La realtà non giace nel forse o nel semmai ma nel sarà rispetto alle ognuno di noi decisioni!
Tradurre in anomalie semplici opportunità è un gioco perverso che agevola (apparentemente) chi tende unicamente ad avvantaggiarsene...ma nel lungo termine tutti i nodi vengono al pettine e ciò che oggi si lucra illecitamente o illegittimamente verrà richiesto come compensazione di un torto ahimé all'origine mal compreso o compreso inappropriatamente, arrogantemente ed unitelarmente quale diritto "acquisito"!
La verità probabilmente non giace nel più forte e tanto meno nel più scaltro o nel più furbo quanto evidentemente nel più saggio!
Il saggio...ossia colui che anziché porsi domande infinite si appresta a dare risposte circoscritte!
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La prosperità ingenua della Yuppie Economy!

Chi ha vissuto negli anni Ottanta del secolo scorso la sua adolescenza...?
Mi pongo tale domanda, alla luce della "critica" realtà odierna!
Negli anni Ottanta del 1900 si poteva respirare tutt'intorno un fervorve di "prosperità economica"...
Spesso di volgare strafottenza da cafoni arricchiti.
Nel bel paese come nelle realtà continentali europee o di oltre oceano...
Tutto era molto edulcorato!
Nastrini rosa, fiocchi, ghirlane e bon bon.
Sembrava un eterno banchetto in cui ognuno poteva avere e godere tranquillamente della sua fetta di torta.
Cosa ne sia oggi di quei fasti è un mistero.
Perché?
Perché le difficoltà nello sbarcare il lunario, nell'arrivare alla fine del mese se non alla fine del giorno...
Eran tal e quali ad oggi!
L'unica differenza forse tangibile sta nel fatto che il passato sembra, inevitabilmente più spontaneo ed illusoriamente migliore...
Se non altro perché lo si è già vissuto ed affrontato e pertanto si presume di conoscerlo.
Mentre il presente o meglio ancora il futuro sono qualcosa di intagibile, inesplorato, incerto e sconosciuto.
Il divenire si traduce, quindi, in un ansia dell'attesa di ciò che accadrà!
Saremo noi all'altezza della situazione?
Saranno le difficolta tali da potere farvi fronte?
Il destino ci riserverà la buona novella?
Tutte domande che rimangono avvolte in un mantello misteriosamente e spettralmente interrogativo!
La prosperità ingenua della Yuppie Economy era fondata sulle basi del rampantismo socio-economico.
All'epoca la finanza speculativa (come pubblicamente la conosciamo oggi!) era agli albori.
Muoveva i suoi primi passi e mugugnava i suoi primi vagiti.
Era l'epoca delle sovvenzioni, della spesa allegra, del clientelismo da ogni dove.
E non era una realtà tipicamente ed unicamente italiana.
Gli anni '80 sono stati quelli della presidenza Regan...culminati con il crollo dell'Unione Sovietica condotta e capitanata dalla Perestrojka.
La Perestrojka dell'orsacchiotto Michail Gorbacëv!
Gli anni ottanta erano quelli dal sound metallico della musica pseudo ribelle o new romantic.
I film di hollywood improntati sulla frenesia orgiastica dei college americani.
L'Ammore...!
L'Ammore romantico si è sviluppato negli anni '80.
Il Tempo delle Mele ha fatto scuola...
I Duran Duran e gli Spandau  Ballet!
Nastrini e paillette.
Giacche con le spalle imbottite e capelli cotonati.
Le prime marche multinazionali che facevano bella mostra di se su ogni tipo di tessuto o cartellone pubblicitario.
Quasi fossero o dimostrassero di essere... più imponenti ed importanti del tessuto esistenziale stesso.
Ecco oggi quella realtà di marche e multinazionali.
Di concetti edulcorati e falsi miti.
Eccola oggi quella realtà!

Una realtà da o di beoti e scimuniti abilmente addomesticati!

Un saluto prospettico da un quasi e forse insperabile altrove.
Elmoamf

giovedì 15 agosto 2013

Endiadi... il Dilemma d'Amleto

Nella ricerca di un significato intrinseco e profondo, di una giustificazione concreta e pertinente di un lemma... m'imbattei in qualcosa di assai più sostanziale...


Un articolo da me personalmente molto apprezzato... pubblicato  sul Blog di Norberto Fragiacomo, Socialista (mittel)europeo!

Un saluto di buon ferragosto,
Elmoamf

P.S.: rimando alla primigenia ispirazione che mi portò alla trovata di tale articolo letto con indubbio e sincero piacere...


12 Mar 2013 - 16:04:38



Parto da un ricordo personale, ormai sbiadito, per introdurre una questione che interessa a una minoranza di connazionali: quella del rapporto (conflittuale, a giudicare da certi scambi di “gentilezze” sui social network) tra socialismo e comunismo. Metà anni ’80: seduto a un banchetto di scuola media, sono alle prese con un tema in classe di italiano. Non rammento il titolo; ma ad un certo punto, nell’aula che guardava ai platani di viale XX Settembre, mi trovai a tratteggiare i lineamenti della società ideale. Parlai di egualitarismo, giusta suddivisione dei beni, meriti da premiare non tanto con il soldo, quanto con maggiori responsabilità – e verso la fine del componimento mi chiesi, provocatoriamente: “è comunismo, questo?” “Niente affatto”, scrissi, rispondendo a me stesso, “questo è Socialismo” (con la maiuscola, credo, ma è roba di quasi trent’anni fa, magari l’autocitazione è imprecisa).L’enfatica distinzione fatta da un fanciullo tredicenne rivive oggi, quotidianamente, nei reciproci anatemi lanciati da parabalani dell’una e dell’altra “scuola” con sicumera da parrocchetti: al posto di una feconda dialettica, offese assortite. Come si è giunti a questo? interrogo il me stesso di allora. Semplice, sentenzia il saputello: il Socialismo è pacifico e democratico, mentre il comunismo russo è una spietata dittatura espansionista; inoltre, dove governano i comunisti la gente è povera, lavora male e fa le file per comprare da mangiare, mentre sotto il Socialismo stanno tutti abbastanza bene, la persona capace viene lodata e l’infingardo rimproverato (o bocciato). Gratta gratta, emerge il peccato originale di Lenin: costringere la gente a vivere ammassata nei komunalka, gli alloggi comuni, è una porcheria. In estrema sintesi: benessere, pace e democrazia da una parte,povertà, violenza e tirannide dall’altra.Sentire oggi individui che si presumono adulti replicare il mio manicheismo di allora, con la provvidenziale aggiunta della Corea del Nord bombarola, fa un certo effetto, ed offre spunti per un’indagine da svolgere, si spera, in un prossimo futuro. Stavolta mi contenterò di imbastire un rapido excursus propedeutico, affidato alla memoria traballante e perciò senza l’ausilio di note e virgolettati: chiedo venia in anticipo per approssimazioni, lacune ed errori.Iniziamo dalle parole, pescate nel latinorum appreso al liceo, e in pochi anni dimenticato (la vita è una sequela di sforzi a vuoto). “Socialismus” era un termine sconosciuto agli antichi romani, che vivevano però in una societas di uomini liberi e avevano, tra i popoli vicini, dei socii, cioè degli alleati. Comunismo deriva invece da communio, comunione di beni: non a caso, in diritto, il comproprietario di una res (suddivisa, se non altrimenti stabilito, in parti eguali) viene definito anche “comunista”. Da un lato, quindi, un’alleanza di esseri umani (sottolineatura dell’elemento soggettivo); dall’altro, la sussistenza di un diritto, tendenzialmente paritario, su cose (elemento oggettivo) – senza peraltro scordare che la società commerciale è nient’altro che una comunione di beni produttivi. Ad ogni modo, comunismo e socialismo hanno di latino solo la radice linguistica, malgrado la rivolta di Spartaco (I° sec. a. C.) ci mostri come il sogno dell’egualitarismo nasca con l’uomo.La comunanza dei beni, con connesso ripudio “ideologico” della proprietà individuale, è caratteristica delle comunità cristiane delle origini; quando però la Chiesa approfondisce le radici e si organizza, essa viene confinata entro le mura dei monasteri, o diventa vessillo di sette ereticali. Fra’ Dolcino è uno dei tanti che, in epoca medievale, si batte per un ritorno alla primitiva purezza, massacrando qua e là ricchi prelati; il contrasto tra santa povertà e ostentazione curiale è presente però anche all’interno dell’istituzione, come ci svela Umberto Eco, riportando – ne “Il nome della rosa” – l’animato dibattito tra spirituali e principi della Chiesa a proposito della veste di Cristo: il Salvatore ne era proprietario oppure no? Un dilemma da filosofi perditempo, vien da dire, ma riflettete: una grezza tunica senza valore venale può decidere il destino di un vero e proprio regno (non di quello dei cieli, sia chiaro). Il potere mette la museruola ai critici, ma l’Europa cristiana è sempre in fermento: quando Lutero condanna gli eccessi papali, qualcuno va ben oltre, e prova a sovvertire il sistema. L’eresiarcaThomas Müntzer non è un predicatore qualsiasi, ispirato da Scritture finalmente “liberalizzate” ma immutabili: Dio ci parla in ogni momento, senza bisogno di intermediari – afferma - e Dio pretende eguaglianza e giustizia. La funzione dei principi e dei nobili è quella di difendere il gregge: se abusano del potere concessogli, la spada va rivolta contro di loro. L’autorità è un munus, la legge divina, di fronte alla quale tutti gli uomini sono uguali, deve regnare pure sulla terra. Siamo ben oltre Dolcino: Müntzer si rivolge a minatori e contadini, chiamandoli “compagni”, e ai grandi sottopone, minacciando sfracelli, richieste di schietto sapore politico-sociale. La sua bandiera è l’arcobaleno, la rivendicazione – resa celebre da “Q” del collettivo Luther Blisset/Wu Ming – inequivocabile: “Omnia sunt communia”! Duro fino alla spietatezza, disinteressato, nemico di ogni forma di proprietà, rivoluzionario: il Magister è senz’altro un comunista ante litteram. Anche un socialista? Tre decenni fa avrei emesso un no scandalizzato, oggi replicherei con una domanda: socialista in che senso?L’Illuminismo è un vento di tempesta, che spazza via polvere e incrostazioni millenarie: quasi un’eresia laica, trionfante, che muta il corso della storia europea, “scindendola” da quella degli altri continenti. Rousseau maledice la proprietà, due francesi – Mably e Morelly – progettano a tavolino società comuniste, senza torcere un capello ad alcuno (e senza risultati apprezzabili). Il secolo d’oro degli “utopisti” è però l’Ottocento: FourierOwen e Saint-Simon sono i vessilliferi (noti, se non altro, ai liceali) di una vasta schiera, che comprende anche Etienne Cabet, il tedesco WeitlingBlanquiBlanc,Proudhoun ecc. La fama dei primi tre è legata ai giudizi – altamente positivi, sia detto per inciso - di Marx e Engels, che li ribattezzarono “socialisti utopisti” solo perché ancorati, nei loro progetti, ad una visione volontaristica ed incapaci di intendere rettamente le leggi dello sviluppo storico. Attenzione, però, a non fare di ogni erba un fascio: Owen e Fourier (soprattutto il secondo, che forse invidiava la popolarità raggiunta dal magnifico gallese) polemizzarono duramente in vita, e proposero sistemi assai differenti. Il francese, irripetibile connubio di genio e follia, intuì l’utilità di una sana competizione (all’interno di regole ben precise e “razionali) ai fini dello sviluppo generale, nonché l’esigenza, per il singolo, di praticare più attività; nei suoi falansteri immaginari, tuttavia, la diseguaglianza di condizioni economiche persiste, e perfino le mense sono separate. Robert Owen preferiva l’impegno concreto alle astrazioni: a New Lanark costruì un ambulatorio e una scuola per i suoi operai (riteneva che la malvagità fosse conseguenza dell’ignoranza), e in seguito si sforzò di dar vita a colonie comuniste. Fermamente contrario a matrimonio (anche se lui si sposò, e amò profondamente la moglie), proprietà privata e religione, si mise a capo, all’inizio degli anni ’30, del primo grande sciopero a oltranza, e tentò, non per finta, di abbattere il capitalismo; vista la mala parata si dedicò, successivamente, allo sviluppo del sistema cooperativo. Socialista democratico? Un leader sindacale lo descrisse, all’interno della sua fabbrica, come un dio benevolo ma onnipotente che, al posto delle punizioni, usava la persuasione.Se Owen è un comunista (ma la pubblicistica dell’epoca definiva i suoi seguaci “owenisti”), e Fourier un riformatore che a stento potrebbe dirsi socialista, com’è possibile che Marx ed Engels li accomunino sotto la stessa etichetta? In realtà,ogni utopista fa storia a sé: Cabet la pensa pressappoco come Owen, Proudhoun condanna la grande, ma non la piccola proprietà, mentre Blanqui si concentra sul momento insurrezionale ecc. In mezzo a questo guazzabuglio di idee e ragionamenti, penso proprio che lo scolaro tredicenne avrebbe alzato bandiera bianca: dove sono spariti i komunalka, rassicurante confine tra il giusto e l’ingiusto?L’unico elemento che accomuna questi pensatori e uomini d’azione è la ripulsa nei confronti del modello esistente, giudicato iniquo dal punto di vista morale e inefficiente da quello economico.Domandiamo lumi a Karl Marx, padre riconosciuto del c.d. “socialismo scientifico”. Socialismo o comunismo? Per il filosofo di Treviri il quesito è privo di senso: le due parole sono sinonimi, ed egli le alterna tranquillamente nelle sue opere. Semmai si può parlare di due fasi successive: nella prima permangono retaggi borghesi – e dunque si valorizza il merito individuale –; nella seconda, l’”uomo nuovo” lavora per sé e per gli altri, senza richiedere contropartite egoistiche. Si badi, però, che premessa di entrambe è l’espropriazione degli espropriatori, invocata ne “Il Capitale”: un tanto implica che già ai tempi del comunismo/socialismo c.d. imperfetto i mezzi di produzione sono di proprietà collettiva.Seguendo rigidamente lo schema marxiano, dunque, dovremmo escludere dal novero dei socialisti chi ammetta diseguaglianze che non derivino dal lavoro prestato (Fourier, Proudhoun ecc.): in ogni caso, il modello social-comunista vede la luce dopo l’esproprio e la dittatura del proletariato.A semplificare - o piuttosto a ingarbugliare – le cose provvede Lenin, che ribattezza la prima fase “socialismo” e la seconda “comunismo” realizzato: per additare il traguardo definitivo sarà lo stesso leader russo, alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre, a cambiare il nome del suo partito da “socialdemocratico” in “comunista bolscevico”. Il problema sta nel fatto che per approdare a destinazione sono necessari decenni, forse secoli: né Vladimir Il’ich né i suoi epigoni (da Mao a Castro) oseranno mai vantarsi di aver raggiunto il lido. Il comunismo, la fase finale resta un orizzonte lontano, una promessa per il futuro: ergo, imputare ad esso i crimini di certi governanti è come accusare il paradiso per le streghe bruciate sul rogo - un’idiozia pura e semplice.Tutto si riduce allora ad una diatriba tra partiti, che scoppia nel ’17: da una parte i seguaci di Lenin, rivoluzionari; dall’altra i riformisti, quelli che confidavano di trasformare il sistema dall’interno. Si noti che per entrambi gli schieramenti il punto d’arrivo era rappresentato dalla seconda fase marxiana (il socialismo/comunismo “perfetto”): le divergenze, di natura tattica, concernevano esclusivamente gli strumenti da adoperare, cioè l’alternativa secca rivoluzione o riforme. La democrazia non c’entrava nulla: riformisti, massimalisti e bolscevichi, per restare fedeli a Marx, dovevano concordare sul fatto che quella borghese è la democrazia meramente formale degli abbienti.Rapidamente – e ben oltre le intenzioni degli stessi antagonisti originari – il solco si allargò, divenne presto incolmabile. Avversione e livore produssero reciproche accuse di tradimento, e qualcosa di ancora più grave: confusione ideologica. Ad un militante proletario degli anni ’20 la contrapposizione tra l’idea socialista e quella comunista sarebbe apparsa un assurdo: la polemica sui mezzi non sfiorava i fini. Poi le cose mutarono. I partiti comunisti al potere rilessero Marx a loro uso e consumo, storpiandolo; ma molti socialisti occidentali fecero di peggio: lo ripudiarono. Alla disperata ricerca di surrogati ideologici, esplorarono polverose biblioteche: Bettino Craxi riesumò addirittura Proudhoun, una specie di anarchico piccolo-borghese, che auspicava una modesta ridistribuzione della ricchezza tra i ceti. Si ritornava ad un presunto socialismo premarxista – cioè: si focalizzava l’attenzione su qualche pensatore isolato, che offrisse garanzie di moderazione (bisognava sfondare al centro) e democratica mitezza. Questo socialismo geneticamente modificato, privo di radici storiche, era un pacco infiocchettato, ma vuoto, che poteva, all’occorrenza, contenere riformine e controriforme di ogni genere (da qui l’equazione socialismo=riformismo, irresolubile per l’indeterminatezza della seconda espressione), e ben si sposava con aggettivi alla moda (ad esempio, “liberale”).Ognuno poteva avere il suo socialismo preferito, fregandosene altamente della Storia e dei paletti messi da Marx; nel frattempo, lontano dai convegni e dalle aule (non solamente scolastiche), il Capitale faceva i suoi porci comodi.La conclusione provvisoria è anch’essa un’alternativa: o accettiamo la teoria marxiana – che presenta l’insignificante vantaggio, rispetto ad altre elucubrazioni, di spiegare l’attualità – o è il caso di scovare qualcuno, in giro, che offra soluzioni originali a problemi impellenti e drammatici. Un “socialismo” compito, innocuo, democratico e cortese (col suo grazioso fiocco all’europea) è utile, oggi, ai ceti subalterni tanto quanto uno Yorkshire Terrier al pastorello circondato dai lupi.Ho l’impressione che i socialcomunisti Müntzer e Owen converrebbero su questa banale constatazione, e che anche il me stesso di trent’anni orsono, malgrado la sua cocciutaggine, finirebbe per riscrivere il tema...

domenica 11 agosto 2013

La colpa dei Padri

Fuori dal Palazzo aleggia il malumore.
L'aurora in declino, in declino lo spessore culturale e pseudo democratico.
In declino il tutto, condito di un laissez faire che il tutto appunto giustifica ed il tutto ugualmente nomina, autorizza, avvalora.
Fuori dal palazzo i giovani... sentono il dovere di far valere la propria voce!
Questi giovani? Quali Giovani?
Cosa sono e cosa sentono?
Cosa realmente sono e cosa concretamente sentono?
I giovani "mediati" dalla scienza e dalla tecnica, dalla volontà di potenza di un intermediario invisibile quale l'evoluzione tecnologica.
Un tempo era il consumo fine alla sopravvivenza, poi la scelta fine all'edonismo oggi la selezione fine all'avanguardismo.
Concetti essi stessi cui io per primo faccio fatica a rapportarmi.
Tant'è... la sostanza si nutre d'incoerenza fintanto la stessa sia funzionale al "governo" dell'arbitrio.
Il governo dell'arbitrio è la capacità di determinare interessi e propositi, la capacità di indirizzare e guidare dissensi e.o consensi, la capacità di stabilire priorità e.o marginalità.
Il governo dell'arbitrio non si cura dell'etica, della lealtà o della tradizione ma solo ed esclusivamente del predominio.

Traggo questo "spezzato" da alcuni scritti dell'esimio pensatore P.P.Pasolini, cui idealmente mi lega il libero Andar Oltre e la sparuta Riflessione... candida e soave come in un mondo di trattori (o traditori... chissà? E che dir si voglia!) circondati da ceramiche e porcellane spaurite e pregiate o pregiate e disperse...






Poche righe per descrivere una deriva malsana e senza via d'uscita del pensiero moderno, quello che confina la speranza al di là delle prospettive ossia quale materia del non probabile o praticabile e concetto del non essere o malessere, questione del non determinare o intraprendere ed in ultima analisi elemento del non sostanzialmente esistere.

La non forma... tradotta in modo certamente improprio dal pensiero orientale... ossia ciò che potrebbe essere la punta più alta dell'elevazione spirituale... si tramuta in tal modo nell'assenza, nel vuoto cosmico, nella partenza monca, essa stessa frutto e preda di quella non forma che non è sinonimo automatico di raggiungimento di un'elevazione trascendentale piuttosto il fraintendimento malsano e volutamente equivoco di un interesse particolare!

Un saluto archetipo,
Elmoamf

Separazione, Condivisione, Penetrazione... la sintesi del Permanente!




Il magistrale Severino ci accompagna, insieme a Natalino Irti e Piero Schlesinger, nel labirinto della società moderna in cui il capitalismo sembra aver avuto ragione dei propri avversari ma non è ancora certo e solido nella sua vittoria. Per tale motivo si fa scudo e spada della tecnica nell'ambizioso obiettivo di perpetuare se stesso.

Severino, però, lo mette idealmente in guardia sottolineando come la contraddizione insita nell'inevitabile matrimonio tra "capitale" e "scienza" possa portare il servitore (la tecnica) a sostituirsi poco a poco al servito ossia il padrone (il capitalismo).

Nella volontà di potenza che in se esprime la tecnica (tecnica intesa come quel proponimento evolutivo che spinge sempre più verso la ricerca delle infinite capacità e possibilità che si possano creare e mettere in atto ivi compresa quella dell'eliminazione stessa del capitalismo) giace o si cela al tempo medesimo il declino dell'opera capitalista che in se racchiude un'ulteriore passaggio storico dall'era finanziaria a quella tecnocratica.

Naturalmente tutto quanto qui sopra brevemente esposto è figlio solo delle mie parzialissime ed intime considerazioni personali.

Ciò che rimane è la squisita lectio magistralis cui gli interlocutori hanno dato vita in uno spazio in cui la riflessione sullo stato delle cose deve necessariamente confrontarsi con il perché delle stesse!

Invito pertanto i lettori a seguire queste due ore d'intensa riflessione ai link sopra e sotto riportati.

Un saluto come sempre cordiale,
Elmoamf



Le Terminologie della Crisi - La Palingenesi dell'Unione Europea

C'era una volta un regno...

Il regno dell'assenza dei conflitti e della pax universale.
Il regno dell'assenza di contrapposizione e della confessione totale.
Quella confessione che portava e comportava completa dedizione al sacerdote, chirurgo della lobotomizzazione critica coscienziale.

Quel regno parlava attraverso dogmi e parabole ed all'uopo istituiva comitati e commissioni che si applicavano solerti nel redigere convenzioni e trattati che recassero lieto e sano beneficio per tutti.

Commissioni d'indagine. Comitati consuntivi. Convenzioni legiferanti. Trattati istitutivi.

Quel regno ambiva a ripristinare l'ordine. Un ordine totale basato sull'ossequio e sulla devozione.
Un ordine figlio della necessità, della fedeltà e della sottomissione.
Un regno in sostanza frutto dell'ipocrisia... L'ipocrisia della presunzione!

Tratto da un link istituzionale, riporto alcune righe sul funzionamento dell'Unione Europea:


Il lavoro "espositivo" è ricco d'interesse ed approfondimento sulla genesi o meglio palingenesi della forzatamente costituenda comunità europea.

Un processo tortuoso all'apparenza ma che sembra aver avuto la capacità tutta continentale e teutonicamente nordica di dimostrarsi efficace.


La sentenza rimane inesplicata come appesa alle grondaie di un balcone preda di piogge ed intemperie...snervanti, invasive, imprevedibili, inconciliabili, ingestibili, irrefrenabili.

Irrefrenabilità di una realtà indubbiamente non all'altezza delle aspettative per i suoi interlocutori, presunti gestori, pretenziosi ed arroganti decisori, autoreferenziali ma legittimamente e democraticamente eletti governanti. 

Questi si pavoneggiano dietro la loro sbandierata ricerca d'integrità morale e di equidistante ispirazione normativa facendosi schermo (o chissà mai se scherno del cittadino) attraverso l'istituzione di autorità indipendenti e sorveglianti. Autorità atte a controllare l'equo operato delle istituzioni che in tal caso non sono quelle esclusivamente a tutela del mercato ma più superbamente a tutela della società tutta... in nome della scienza e dell'umana evoluzione... forse quella "illuminata" di oscura matrice cospiratoria...ma questa è un'altra storia che poco al momento (mi) interessa!

Tornando all'autorità o meglio alle autorità, come quelle amministrative ed indipendenti dal legislatore nostrano introdotte (consenziente o meno che fosse) volte ad individuare una nuova prospettiva sociale, tecnologica ed avanzata che fondasse le sue radici e ragion d'essere nell'E-Government da un lato e nell'equilibrio di mercato dall'altro... la strada presto e bene e giudiziosamente è stata tracciata: redigere norme in base all'ossequio, all'elogio, alla subordinazione ed all'ubbidienza.

Le norme come i trattati sono figlie di decisioni di pochi!

 Il problema, in tal caso, non giace solo nella quantità (dei decisori) ma come il (mio?!?) buon Dio insegna... nella qualità degli stessi... si può esser pochi ma buoni come... pochi ma soli... come pochi e purtroppo avidi ed ambiziosi...

Un saluto,
Elmoamf

Link Allegati:

Le Authority in Italia

Le autorita’ amministrative indipendenti, caratteristiche generali e natura giuridica

domenica 4 agosto 2013

Le "Cattedre di Sophia": Emanuele Severino


Scalfaro: "Io non ci Stò!"


Le Terminologie della Crisi - L'agonia della Repubblica perduta...

Il balletto delle larghe intese e degli equilibri perennemente elettorali, faziosi o contigui a seconda delle occasioni e delle occasionali opportunità, occupa stabilmente la scena non lasciando spazio alcuno di sostanza o riflessione.
Siamo tutti impegnati con le vicende giudiziarie dei Leader di schieramenti capaci indubbiamente di mantenersi nel tempo grazie ad innegabili doti taumaturgiche.
Un fronte invalicabile oltre il quale l'abisso è ossessivamente evocato.
Non vi sono alternative.
Morire di lenta agonia o di atroce ed immediata crudezza.

E' o sarà mai possibile affrontare una discussione senza il dramma dell'Apocalisse?!?
Senza il fraintendimento delle masse?!?
Senza il patema delle aggressioni verbali o dei pregiudizi partigiani, spesso irrazionali?!?

L'elevato tasso di umidità porta poi di questi tempi ad accendere ulteriormente gli animi.
Ed anche quelle personalità in precedenza apparentemente imperturbabili e pacate, si trasformano in inquiete, ansiose, agitate ed insofferenti figure!

Ora si evoca la guerra civile come si chiedono le noccioline al bar consumando l'aperitivo!
Si punta il dito contro l'irresponsabilità dell'avversario tacciandolo di pericoloso insurrezionalista mentre si brandisce una clava per massacrarlo.
Per massacrare tutti a colpi di parole lanciate al vento come coriandoli di carnevale nella più allegra ipocrisia.

Mi sovviene un' "immagine" accattivante che da sempre mi ha affascinato per la sua "oscurità" velata.
Quella evocata dall'incomparabile ballata (si fa per dire) degli Eagles: "Hotel California".
Un testo e delle atmosfere che richiamano a loro volta un'altra "immagine" (insieme surreale, subliminale e spettrale) tratta dalla cinematografia di Stanley Kubrick: "Shining".

In entrambe vi è al centro un Hotel sperduto all'interno del quale ignoti avventori sono costretti in feste danzanti, prigioniere del tempo decadente, in attesa del brindisi di fine anno che mai avverrà, sotto lo sguardo malefico di un diabolico cerimoniere che lentamente consuma gli ospiti in un eterno "refrain".

Passato e presente si mischiano e si scambiano di ruolo, la musica avvolge il salone, lontano si sentono delle voci confuse, chiacchiericcio, risate o forse urla e richiami d'aiuto. Le camere sono tutte vuote ed il custode è preda di allucinazioni incontrollabili. L'aria odora di "colitas" e la notte stanca indurrebbe al riposo ma questo semplicemente è impossibile.

Un passaggio del testo recita: "This could be Heaven or this could be Hell"!

Quello che viviamo potrebbe essere effettivamente l'Inferno travestito da Paradiso o la speranza di un Paradiso da raggiungere passando attraverso l'Inferno.

Il crepuscolo della repubblica può misurarsi nella sua triste trasformazione in farsa, con angeli e demoni che duellano sugli scranni ingialliti e bisunti di un parlamento ormai da decenni sostanzialmente esautorato dalle sue funzioni istituzionali e che ha perso ogni prerogativa realmente rappresentativa, non tanto della popolazione quanto del solenne ideale democratico e del sacrosanto principio di "Sovranità Costituzionale".

Sangue e ruggini nell'arena dei gladiatori e squallide rappresentazioni di linciaggi linguistici sugli spalti.

I fan si spartiscono le tribune, le platee e le gallerie a seconda del loro censo e della loro capacità arrogantemente solidale con il gruppo d'appartenenza.

Il grido è un ululato e richiama alla guerra, all'assalto, alla carneficina.

Il nemico va abbattuto e poi arso sul rogo mentre la sua testa mozzata ed esposta al ludibrio, impalata ed eretta come trofeo di perenne gloria e dimostrazione di forza.

Il potere in tutto questo rimane celato... perché il potere è potere e si nutre solo di Odio!

Un saluto affranto,
Elmoamf