domenica 30 luglio 2017

Ricchi, simpatici e per bene...

La notte della Repubblica che non si fa mattino... non è una chiosa ad una poesia, auspicante (implicitamente) una miglior fortuna. Più semplicemente, è' un articolo nudo e crudo sull'impotenza (a mio stretto e personale avviso) dell'intelletto moderno (intriso di cultura perbenista tipicamente occidentale) di ragionare distaccatamente ed obiettivamente sulle cose.
Sulle faccende tutte umane di noi poveri reietti, disperse tra politica, economia, società ed avidi interessi (a vario titolo, grado ed incidenza) nella gestione delle relazioni umane... nella gestione dell'ambiente circostante (interno ed esterno) rispetto alla propria sfera d'influenza, rispetto alla tanto agognata ricerca, la bramata acquisizione e lo spasmodico mantenimento del controllo... sull'altrui essere e divenire ovvero sull'esercizio del potere fine a se stesso,  da esplodere con estrema invettiva e totale (spesso mirata) arbitrarietà sul prossimo.

Il concetto d'Impotenza sarà il cuore di questo intervento. Un impotenza intellettuale prima ancora che fisica e materiale ma che proprio nei risvolti concreti (materiali e tangibili appunto) esplicita tutta la sua delirante e avvilente forza nichilista, il suo impatto distruttivo sulla speranza in un avvenire utopicamente ideale.

Ricchi, simpatici e per bene... recita il titolo. Una formula che si potrebbe facilmente riproporre in ogni contesto interlocutorio sui massimi sistemi ossia sul perché esistenziale della crisi moderna che gravita attorno alla demolizione del "patto sociale" o all'inevitabile declino del medesimo contratto sociale.

Ricchi perché non ancora allo stremo affamati... anzi ancora gradualmente liberi di esprimere, seppur in modo e maniera grezza, un'opinione di dissenso.
Simpatici perché Trendy. Forzatamente, inconsapevolmente, condizionatamente di tendenza, nei confronti dell'ansiosa, convulsa e frenetica ricerca di approvazione della massa. Conformisticamente fanatici e psicologicamente esaltati nella propria condotta. Etero-indotti e manovrati nella inconsapevole espressione della personale volontà d'onnipotenza. Sostanzialmente indottrinati e programmati all'impersonificazione del minus habens attraverso una vacua (scientemente altrui studiata, individuata e sufficientemente secolarizzata ed istituzionalizzata) interpretazione emulatrice dell'icona di successo del momento.
Per Bene perché rispettosi e mai sopra le righe. Ossequiosi di un deterministico quieto vivere ed in generale delle buone maniere che sole si addicono alla nobiltà di una società oligarchicamente organizzata, gerarchicamente atomizzata e strutturata, in cui ogni soggetto è chiamato a svolgere (puntualmente, impeccabilmente e precisamente) il proprio diligente ruolo: sia esso di classe dirigente, di ceto intermedio operativo, di popolo e massa osservante, di nicchia giovane, fresca e ribelle quale fattore eterno di equilibrio e stabilizzazione in un contesto altrimenti assai oscillatorio ed instabile.

La Matrix della trilogia cinematografica dei fratelli Wachowski riemerge sovente come una cartina di tornasole nell'esegesi storica delle umane contraddizioni.

Troppo ligi nell'esercizio ipocrita della serena acquiescenza... troppo impetuosi e frettolosi nel contrasto sterile ed improduttivo all'assuefazione endemica.

Eccolo qui espresso, nella sua massima frustrazione, il concetto d'Impotenza: la consapevole e tacita realizzazione dell'incapacità strutturale nella trasposizione di un "semplice" messaggio.

E non per mancanza di mezzi intellettuali o di padronanze cognitive o di capacità oratorie... quanto per mancanza sostanziale di Uditorio.

Una vocazione all'ascolto irrimediabilmente persa dalle novelle generazioni come dalle cariatidi delle generazioni precedenti ed antecedenti, in perenne attesa della propria pensione intellettuale ancor prima di quella economico-sociale...

Novelle generazioni volutamente e del tutto sprovviste di volontà cognitive di spessore che inevitabilmente richiedono un profondo sacrificio ed una indiscutibile abnegazione nell'approccio critico alla sintesi delle necessità Moderne. Novelle generazioni confuse: perse, disperse e forse sostanzialmente oppresse e soppresse nei meandri della necessita d'azione vuota ed intangibile, alla perenne ricerca di un immediato quanto vano successo oltretutto concretamente irrealizzabile.

La sintesi d'Impotenza si esprime in questo mare di aspettative infrante... di persone, individui e conflittuali comunità alla deriva della propria esistenza solidale... incapaci d'interpretare un sentimento condiviso, equilibratamente percepito e messo in pratica tanto dal singolo quanto dalla sua congenita aggregazione d'appartenenza, in un ottica istintiva ma altrettanto consapevole di partecipazione dignitosa alla comunità umana... qualsiasi origine essa abbia e qualsiasi cultura essa sia capace di esprimere nel contesto della libera espressione umana.

L'unità nella diversità si esprime appunto nel rispetto, nell'affermazione e nella dignità delle differenze e delle divergenze.

Chi punta all'assoluta omologazione esprime un concetto di supremazia in totale contrasto con il concetto d'unita.

Ed è in ossequio a tale assuefazione assolutistica che il principio d'Impotenza assolve al suo estremo servizio di "rigor mortis" della volontà solidale umana... un estremo Requiem consolatorio di coloro che più nulla si aspettano e per cui più nulla si battono... nella dissoluzione definitiva del concetto di Ovvietà!

Mistificatrice Ovvietà incontrastata... padrona assoluta dei clichè. Capace di ridurre l'immensa personalità umana in gabbie e matrioske infinite nelle quali il ripetersi frattalico dell'esistenza segna un confine implicito alla realizzazione emancipatrice della stessa... costretti nell'eterna ricerca di un perché che in definitiva non esiste!

Con rammarico... ma al tempo stesso con l'eterna speranza di non cedere all'ipocrisia immonda dell'assuefazione... Vi saluto...

Elmoamf